Il progetto «Intel Foundry» vuole diventare tra i più importanti a livello mondiale per i processori: investimento è di 100 miliardi di dollari. Nel frattempo Nvidia fa numeri record nel trimestre e vola in Borsa
SANTA CLARA (Stati Uniti) – Si può assolutamente indicare Intel come uno dei colossi che hanno dato il nome alla Silicon Valley. Quel silicio grazie al quale vengono costruiti i chip ormai inseriti in quasi ogni dispositivo che utilizziamo nelle nostra quotidianità è alla base di ogni prodotto sviluppato da Intel. E proprio dal silicio parte quella che è stata definita come la più importante trasformazione dell’azienda con sede a Santa Clara sin dalla sua fondazione, nel 1968. Ci sono voluti tre anni per realizzare un progetto la cui inaugurazione ufficiale è avvenuta il 21 febbraio, con un evento che ha avuto tra i suoi più importanti ospiti il guru della nuova era in cui ci apprestiamo ad entrare, quella dell’intelligenza artificiale. Sam Altman, fondatore di Open AI, è stato chiamato sul palco dal Ceo di Intel, Pat Gelsinger, per raccontare le motivazioni per cui è necessario un cambio di rotta. Intel non è più solo un produttore di chip proprietario e di ogni altro dispositivo a semiconduttore. Intel si trasforma in una «fonderia», in un fornitore che mette a disposizione il suo ecosistema, la sua catena di produzione, a qualunque società che ne voglia usufruire. E si chiama proprio così, Intel Foundry, questo nuovo servizio fortemente voluto da Gelsinger sin dal suo insediamento come Ceo, nel 2021. E che può contare tra i suoi primi clienti anche Microsoft. Pronto a costruire i nuovi «cervelli» per l’intelligenza artificiale.
Il futuro è la «Siliconomy»«Sono quarant’anni che lavoro nell’industria dei computer – esordisce Gelsinger – ed era diventato tutto molto noioso. Poi è arrivata l’intelligenza artificiale: fine della noia». La Intel Foundry è stata costruita per poter soddisfare al meglio le necessità di una società immersa nell’intelligenza artificiale. Dove ormai si parla di Siliconomy: il 15 per cento del Pil americano gira intorno all’economia digitale. Una percentuale che salirà al 25 per cento entro il 2030.
La sfida a NvidiaLa principale protagonista di questa corsa e in qualche senso l’azienda a cui l’iniziativa di Intel va a rispondere è Nvidia. L’azienda americana che produce schede grafiche, processori originariamente progettati per le esigenze dei videogiochi, ora è diventata indispensabile anche per gli sviluppatori di modelli di intelligenza artificiale generativa, perché questi prodotti offrono la potenza di calcolo necessaria per gestire enormi quantità di dati. E nell’ultimo trimestre fiscale, appena concluso, Nvidia è riuscita a superare tutte le aspettative degli analisti raggiungendo un utile netto di 29,76 miliardi di dollari (27,526 miliardi di euro), con un incremento del 581% rispetto ai 4,368 miliardi di dollari (4,04 miliardi di euro) dell’anno precedente. «Il calcolo accelerato e l’IA generativa hanno raggiunto un punto di svolta», ha dichiarato Jensen Huang, fondatore e Ceo di Nvidia, durante la presentazione dei conti dell’azienda, che sono saliti di oltre il nove per cento nelle contrattazioni after-hours e che giovedì, nel pre-market, fanno segnare un rialzo di oltre il 13%. Nvidia è competitor di Intel, ma in un certo senso potrebbe anche rappresentare un interessante futuro cliente per la Foundry della società di Santa Clara. Ad oggi, il colosso delle schede grafiche utilizza le fabbriche di Tsmc, a Taiwan.
Quanti soldi serviranno«Altman sfiderà le capacità dell’industria», assicura il Ceo di Intel, Gelsinger. Loro vogliono essere pronti a questa sfida, che secondo il fondatore di Open AI richiederà un investimento tra i 5 e i 7mila miliardi di dollari per ottenere la potenza di calcolo necessaria. Dal palco Altman ammette di non avere in realtà ancora in mente una cifra chiara – la sua è stata più che altro una “sparata” – ma è certo che «il costo sarà molto alto. Più risorse mettiamo in un modello, maggiori saranno le performance. Ci saranno molti alti e bassi nei prossimi anni, ma sicuramente nel giro di un ventennio avremo bisogno di molti più chip rispetto ad ora». E per fortuna, gli risponde Gelsinger, «sto costruendo un sacco di fabbriche». Microsoft, stretto alleato di Open AI nello sviluppo e nella distribuzione dei modelli di AI, ha annunciato che baserà la produzione dei chip a loro necessari proprio sulla Intel Foundry. Lo ha raccontato lo stesso Ceo, Satya Nadella, in un breve intervento durante l’evento. Aggiungendo che concentrerà il suo investimento sul processo tecnologico che va sotto il nome di «18 A».
L’investimento di MicrosoftA sta per Angstrom, un’unità di lunghezza che equivale a 0,1 nanometri. Si utilizza per indicare le dimensioni di molecole e atomi: nel giro di pochi anni sarà anche un termine sfruttato per indicare i processi produttivi per la creazione di transistor. La strategia della Intel Foundry viene riassunta con la sigla 5N4Y, ovvero cinque nodi in quattro anni. Cinque differenti processi produttivi pienamente in funzione entro il 2030. Data in cui la «fonderia» di Intel vuole diventare la seconda più importante a livello mondiale, sfidando il colosso del settore, TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) e l’altro più importante rivale, Samsung. Proprio l’azienda sudcoreana potrebbe chiudere un partenariato con Meta: Mark Zuckerberg, infatti, andrà in Corea del Sud la prossima settimana con l’obiettivo di visitare Samsung Electronics in merito a chip per l’intelligenza artificiale (IA) e altre questioni riguardanti l’IA generativa. L’obiettivo di Intel, invece, è quello di passare dai nanometri agli Angstrom. Il nuovo arrivato è Intel 3, mentre entro la fine dell’anno verrà avviato il 20 A (2 nanometri o 20 Angstrom), ma il maggiore interesse lo raccoglie il “nodo” successivo, il 18 A (1,8 nanometri o 18 Angstrom). E non è solo una questione di “dimensioni”. Questo chip ha una nuova architettura, chiamata RibbonFET, e una nuova tecnologia di alimentazione chiamata PowerVia, che ne migliora l’efficienza energetica. Ed essendo la questione energetica uno dei principali problemi da risolvere – soprattutto quando si parla di enormi modelli che richiedono un’enorme capacità di calcolo – è un’innovazione che ha catturato l’attenzione non solo di Microsoft ma di molti dei clienti che Intel sta raccogliendo per la sua Foundry. Ma non è tutto: all’orizzonte c’è anche un processo ancora più miniaturizzato: il 14 A (e dunque 14 Angstrom), che vedrà la luce entro la fine del decennio e che si aggiunge a quelle che vengono definite «opere d’arte scolpite nel silicio». In una costante ricerca e ingegnerizzazione che punta a tenere viva la legge di Moore, che rallenta ma è sempre valida. Come suggerisce il Ceo Gelsinger, «finché la tavola periodica non sarà esaurita, non abbiamo ancora finito con la legge di Moore».
Dove sono le «fonderie»Oltre a Microsoft, la Intel Foundry può già contare su decine di clienti. Tra Synopsys, Cadence, Siemens e Ansys per citarne alcuni. E su un accordo, con pagamento anticipato, pari a 15 miliardi di dollari per la il 18 A. Oltre a poter contare sulla lunga esperienza di sviluppo di chip e dunque alla qualità raggiunta in particolare nelle tecniche di packaging, l’ecosistema di produzione che vuole costruire Intel, nella sua «fonderia», ha due parole d’ordine: resiliente e sostenibile. Per comprendere la prima bisogna guardare una mappa dei continenti: ad oggi l’80 per cento della produzione di chip è spostato in Asia. Nonostante il silicio sia il secondo elemento più diffuso al mondo, le «fabbriche» di semiconduttori sono concentrate in una sola parte. L’obiettivo di Intel è riequilibrare la situazione, con il 50 per cento dei suoi impianti posizionati negli Stati Uniti e in Europa. Di modo da evitare crisi come quella avvenuta durante la pandemia o pressioni geopolitiche che possano compromettere il flusso di produzione. Se la “fonderia” è in grado di funzionare in ogni parte del mondo, può anche soddisfare i bisogni dei clienti del prossimo futuro, qualunque sia la loro provenienza geografica. Resiliente, per Intel, significa interdipendente. Ad oggi la rete conta fabbriche in Arizona, Ohio, Oregon, New Mexico, Costa Rica, Germania, Israele, Malaysia, Vietnam e Cina. Con un nuovo centro in costruzione in Polonia e diversi nuovi progetti di ampliamento in corso per poter far fronte alle richieste dei futuri clienti della Foundry. In un investimento che vale circa 100 miliardi di dollari. La seconda parola, sostenibile, ha a che fare con l’ambiente. Intel vanta già il 99 per cento dell’energia utilizzata proveniente da fonti rinnovabili. Ma vuole spingere il più possibile in questa direzione, perché è un’esigenza propria dell’azienda – ha sottolineato il Ceo Gelsinger – ed è anche un punto imprescindibile per la prospettiva di crescita esponenziale nei prossimi anni. Un mercato, quello del silicio e dei semiconduttori, che si prevede possa arrivare a valere mille miliardi di dollari entro il 2030.
22 febbraio 2024 ( modifica il 23 febbraio 2024 | 15:50)
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